Sigilli di Bellezza
“Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore” (Cantico dei Cantici).
Questa splendida frase biblica, la quale descrive l’inscindibilità del sentimento tra due amanti che si fanno reciproco dono di spirito e corpo, ci offre il là per presentare una selezione di magnifici sigilli imperiali, da ritenersi veri e propri gioielli. Di epoche e culture diverse – dal sigillo accadico in cristallo di rocca raffigurante eroi e tori, al cammeo bizantino di ametista del Cristo Pantocratore – provengono per lo più da collezionisti di prestigio quali Feuardent, la contessa di Béhague, Jacques e Henriette Schumann, Bela-Hein, il colonnello Coleville, la signora Rambova, e da raccolte più recenti come quelle di S. Aboutaam, E. Borowsky, F. Sternberg, J. Spiers e M. Mignucci.
La glittica, ovvero l’arte di incidere le pietre preziose o semipreziose, è nata soprattutto dal bisogno di segnare materialmente un oggetto per distinguerlo dagli altri. Si è fatto ricorso dapprima a piccoli cilindri di ematite scolpiti ad intaglio, i quali venivano premuti orizzontalmente sull’argilla molle delle tavolette, in modo che l’impronta restasse perfettamente leggibile: questa assumeva il valore di firma o di marchio del proprietario. I sigilli cilindrici sono apparsi nel mondo mesopotamico durante la seconda metà del quarto millennio a.C. in sostituzione dei semplici “timbri” piatti. Ed è in questa forma che la glittica si è trasformata in arte figurativa: in effetti questi oggetti sono rapidamente divenuti un supporto non solo per iscrizioni in cuneiforme, ma anche per la rappresentazione di scene in cui appaiono uomini, animali e mostri mitologici.
In Egitto, alla fine del terzo millennio, lo scarabeo (scarabeus sacer), che simboleggia il percorso eterno dell’astro solare e la rinascita dopo la morte, diviene la forma di sigillo per eccellenza: inciso sulla parte piatta o sul retro di un oggetto, serviva a marcare i documenti ufficiali, ma molto spesso era usato anche come amuleto e veniva posto sulle mummie.
La civiltà cretese-micenea ha ripreso l’uso dei sigilli circolari od ovali, a forma di lente leggermente convessa. Fra i soggetti preferiti spiccano in particolare le immagini di fiori e di animali terrestri o marini. Vi si trovano anche personaggi mutuati dalla mitologia, che rimandano alle gorgoni, alla chimera, al Minotauro o al domatore di mostri di derivazione vicino-orientale. Le pietre utilizzate presentano un ampio ventaglio cromatico: l’agata, il calcedonio, la cornalina, il diaspro, la steatite, l’ematite. Taluni pezzi, forati per consentire il passaggio di un filo, erano portati come elementi di una collana.
Nella Grecia antica la glittica ha avuto uno sviluppo eccezionale: già durante il VI secolo a.C. (all’incirca nel 530), un personaggio si distingue dagli altri, Teodoro, che scolpì il sigillo di smeraldo che il tiranno Policrate di Samos gettò in mare nella vana speranza di evitare la collera degli dèi, gelosi della sua ricchezza. Nel mondo ellenico, tale tecnica si sviluppa contemporaneamente alle altre arti, la scultura e la pittura in primo luogo, e non è riducibile ad una semplice attività artigianale: infatti, a partire dal IV secolo gli intagliatori di gemme hanno cominciato a firmare le loro opere. Conosciamo così un certo numero di nomi di artisti, mai citati dalle fonti scritte: Atenade, Olympios, Dexamenos, Fidia, Licomede, Filone, Nicandro. Purtroppo nessuna gemma giunta fino a noi conserva la firma del celebre Pirgotele, l’artista prediletto da Alessandro Magno. Per renderci conto dell’importanza di cui godeva la glittica presso i Greci, basta considerare la quantità di pietre incise, montate in oro o in argento, che vengono ricordate negli inventari del Partenone di Atene.
Fino all’epoca ellenistica, la sola metodologia utilizzata era quella dell’intaglio, anche quando la gemma non aveva funzione di sigillo. Fu ad Alessandria che venne messa a punto la tecnica del rilievo (cammeo) che implica l’uso di pietre a strati colorati come, ad esempio, l’agata o la sardonica. Gli intagliatori greci hanno rappresentato ogni tipo di soggetto, ma si sono distinti specialmente nell’arte del ritratto, il cui carattere convenzionale non impediva loro di esprimere la verità psicologica del personaggio.
Nel mondo romano la glittica fu conosciuta dapprima grazie all’apporto degli Etruschi che ne avevano appreso l’importanza direttamente dai Greci. Ma fu soprattutto in seguito alla conquista dell’Oriente ellenizzato e agli enormi bottini di guerra ottenuti che il gusto per quest’arte si sviluppò anche presso i Romani. Cesare e Pompeo, noti come grandi collezionisti di gemme, contribuirono a espandere la moda della glittica. Nell’Urbe stessa gli intagliatori erano personaggi di cultura greca come Dioscoride (nato in Cilicia), che ricevette da Augusto il privilegio di scolpire il suo sigillo ufficiale.
A Roma, la voga delle gemme intagliate fu tale che certi artigiani ricorsero alla pasta vitrea come materia prima: molto meno dispendioso della pietra semipreziosa, il vetro permetteva la creazione di imitazioni perfette. L’entusiasmo suscitato in tutte le province dell’Impero dal possesso di gemme scolpite coinvolgeva tutte le classi sociali: ciò spiega i tanti esemplari conservati fino ai giorni nostri, malgrado le perdite subite.
Durante il Medioevo, la tecnica della glittica è stata dimenticata: ciò probabilmente spiega l’incommensurabile valore che le genti di quell’epoca attribuivano alle gemme antiche in circolazione provenienti dal mondo bizantino. Esse venivano incastonate nelle corone reali, nei recipienti liturgici, nei reliquari e in altri oggetti d’oreficeria.
Il soggetto scolpito, spesso divenuto incomprensibile, rivestiva poca importanza: agli occhi dei contemporanei contavano unicamente l’abilità tecnica e la rarità della pietra. Per incidere la superficie della pietra, gli intagliatori si servivano di vari tipi di punte, a seconda del disegno da eseguire. Scalpelli e strumenti incisori erano fatti di metallo o di pietre più dure come il corindone o il diamante: un piccolo trapano azionato da un archetto imprimeva la necessaria velocità di rotazione alla punta. Le gemme con motivo in rilievo erano lavorate usando mole di formato e durezza differenti, il cui tipo variava a seconda della natura della pietra. Si tratta di un mestiere che esigeva grande abilità e molta pazienza: certe opere sofisticate richiedevano probabilmente mesi e persino anni di lavorazione prima di raggiungere il risultato desiderato.
Adolf Furtwängler (1853–1907), il grande archeologo tedesco, fu il primo a capire l’importanza della glittica per la conoscenza dell’arte antica e i suoi studi aprirono nuovi orizzonti. Tra gli specialisti delle gemme antiche conosciuti a livello mondiale si deve citare anche una grande archeologa svizzera, Marie-Louise Vollenweider, al servizio del Musée d’art et d’histoire di Ginevra.
Concludiamo affermando che è davvero affascinante questo mondo miniaturizzato: le parole usate per descrivere pietre cangianti, estratte dalla terra e trasformate dalla mano dell’uomo, non riescono a riprodurre il loro potere di seduzione al quale gli esteti di ogni tempo hanno ceduto. Per le loro minuscole dimensioni, queste opere d’arte forse non possono essere comprese del tutto a prima vista: occorre chinarcisi sopra per osservarle con attenzione… ma questo sforzo, invece di scoraggiare lo spettatore, si trasforma nell’infinito piacere della scoperta e della meraviglia.












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