Ethical Fashion: una acquisita sensibilità globale
Ethical Fashion (moda etica) ha molti sinonimi: moda critica, responsabilità sociale delle imprese di moda, moda sostenibile, sostenibilità sociale e ambientale delle imprese di moda, ecc, ed ognuno indica un approccio diverso al tema. Ethical Fashion chiama in causa valori non proprio “alla moda”, distanti da “nuovo” termine che descrive sinteticamente il fenomeno della moda. Sono termini come sobrietà, durata, riutilizzo, consumo responsabile, responsabilità.
Nel momento presente il sinonimo che può essere interessante esaminare è moda critica, perché, nel momento di crisi economica chhe stiamo vivendo, è quello che ha più presa culturalmente. La moda critica tende a frenare il consumo, spinge a comprare di meno, in modo oculato e solo ciò che serve veramente; spinge a riutilizzare o ad utilizzare meglio ciò che già si possiede; dice che non è il nuovo ad avere l’esclusività del bello, anche ciò che è passato può avere il suo fascino. La moda critica si rifà alla cultura della responsabilità.
Il tema del riciclaggio, ad esempio, ha trovato ampio spazio nell’ultima edizione, i giorni 28 e 29 novembre 2012, di Tissu Premier, il salone internazionale dei tessuti e delle forniture incentrato sulla moda a circuito breve che si svolge con tanto successo a Lille in Francia. Una conferenza organizzata dalla Fédération de la Maille (Federazione della Maglia) completata dalla distribuzione gratuita di una guida pubblicata in questa occasione, ha evidenziato che la strada dello sviluppo sostenibile avrà un posto irrinunciabile in futuro. Il rilievo dato al tema era sottolineato dalla presenze all’ingresso del salone dalla boutique di Maisons de Mode « Les ateliers Récup Bazar » e dalla mostra della sfilata Fantastic Lille 3000: « le off, les monstres made in recycled ». Il tema inoltre sarà sviluppato nel prossimo salone 5-6 giugno 2013, illustrato da una mostra realizzata dagli studenti francesi e belgi dell’università Europole e delle scuole di moda del nord dell’Europa. Questa mostra sarà oggetto di un concorso: « RECYCLING: concours mode et textile » lanciato durante l’edizione del salone di novembre, in partnership con gli espositori di Tissu Premier, di U-Clife, di Eco TlC, e del CETI.
Il tema della responsabilità etica quindi sembra aver trovato un posto obbligato nelle maggiori manifestazioni fieristiche del mondo si ricordi ad esempio l’ Ethical Fashion Show di Parigi, che accordano una attenzione rinnovata ai temi della sostenibilità ambientale ed alla utilizzazione di fibre naturali. Ciò rispecchia una oramai assestata sensibilità ecologica, a diffusione globale.
Guardiamo ora cosa è successo la consumatore. La ethical fashion, con il suo richiamo al consumo responsabile sembrava, già in precedenza, poter portare ad un modo diverso di consumare, più razionale, meno emozionale. Il modello di consumo della moda che comunque ancora viviamo è un modello che è andato incontro alle esigenze del consumatore, ha giocato sull’esasperazione dell’individualismo moderno, per interpretare, prevenire e potenziare le esigenze del consumatore. Ma ecco che la situazione economica globale sta determinando un cambio culturale e di valori nella società, per cui i concetti espressi dalla moda etica sembrano imporsi all’attenzione del consumatore e stanno aiutando a ridimensionare o almeno frenare un processo consumistico che sembrava irreversibile.
E’ quanto ha messo in evidenza l’indagine – ne da notizia Adnkronos- “Un Paese un po’ più green: dalla green economy alla green society“, realizzata da Swg, agenzia di ricerche statistiche, e condotta a proposito del consumo nostrano, che evidenzia come “si sta rimodulando il modo di fare acquisti”. Nell’ ambito dell’abbigliamento l’indagine evidenza che gli italiani rinunciano alle griffe e scoprono il valore ambientale dei prodotti. In particolare, spiega Enzo Risso, direttore di Swg, “gli italiani stanno trasferendo la qualità del prodotto dal tema della griffe, della marca, del brand, al tema della qualità ambientale. Guardando i dati al consumo, infatti, sono calati gli acquisti delle griffe, ma non sono calati invece di molto gli acquisti per il biologico e di altri pro dotti verdi”. Il tema dell’ambiente “si è trasformato nei valori degli italiani. Da quello che 10 anni fa sembrava una moda adesso è diventato un vero e proprio plus per scegliere l’auto, per fare acquisti, per scegliere come costruire e arredare la casa”. La ricerca, infatti, dimostra che “c’è una disponibilità a pagare tra il 5-7% in più per un prodotto cosiddetto green”.