Vestito di Fede
“E il Signore Dio fece all’uomo e alla sua donna tuniche di pelle, e li vestì”, narra la Bibbia. Non so quanti ci abbiano mai riflettuto, ma in un certo senso fu proprio Dio il primo couturier della storia che, invece di punire spietatamente Adamo ed Eva per la loro disobbedienza, con amore confezionò vesti protettive per entrambi, vedendo che stavano indossando foglie di fico per vergogna della propria nudità.
Memore del monito del Qoelet “Vanitas vanitatum”, il cristianesimo considera l’abito come degna espressione identitaria, all’insegna di un sobrio pudore e di una decorosa modestia, con la consapevolezza che la veste è sì un elemento esteriore, ma è anche una disposizione interiore con cui si approccia l’esistenza.
Sono pensieri che affiorano visitando la piccola ma preziosa mostra pisana “Habitus Fidei. Le vesti delle confraternite: un cammino fra arte, storia e fede”, a cura di Lorenzo Cantoni e Alessandro Tosi. Si tratta di un avvincente viaggio attraverso la storia delle confraternite, con particolare attenzione agli abiti e ai documenti figurativi che ne testimoniano il significato e le pratiche d’uso. Accanto ai capi di abbigliamento e accessori, vengono infatti presentati dipinti, libri, stampe e altri documenti rilevanti per comprendere il mondo confraternale.
Le origini di queste associazioni di fedeli, che avevano finalità assistenziali e caritative oltre che religiose, sono rintracciabili in epoca altomedioevale, segnando un picco nel Trecento (a seguito della terribile pestilenza di metà secolo). Gli abiti dei loro membri si caratterizzavano per un’estrema semplicità, essendo composti essenzialmente da una sopravveste con cappuccio, cintura e mantello, talvolta calzature, copricapo, guanti, bordone. Con i loro colori diversi a seconda dei gruppi di appartenenza erano la cifra cromatica distintiva di tanti eventi e pubbliche occasioni come solenni cortei, funzioni religiose, visite ad ammalati e pellegrini, Da sottolineare che spesso le confraternite erano importanti committenti di opere pittoriche o scultoree o orafe ad artisti e artigiani, supportandoli economicamente quindi.
Non si pensi comunque che le confraternite siano un fenomeno del passato remoto: in Europa ne sono tuttora attive circa 30.000, con quasi 6 milioni di membri.
Perchè Pisa quale sede della rassegna “Habitus fidei”? Perché la città toscana, crocevia di pellegrini lungo la Via Francigena, ha da sempre rappresentato un nodo strategico per i viaggiatori diretti a Roma. La sua posizione privilegiata ha favorito secoli di scambi culturali, religiosi e artistici, rendendola il luogo ideale per ospitare un percorso espositivo che esplora l’evoluzione delle tradizioni confraternali attraverso il linguaggio del costume.
L’itinerario espositivo si snoda attraverso tre città e quattro sedi, adattando i contenuti alle specificità di ciascun luogo. Dal 9 maggio al 29 giugno 2025, la mostra è allestita nel Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi; in contemporanea è previsto un percorso nel Museo Nazionale di San Matteo, dove il visitatore è guidato fra alcune opere dell’esposizione permanente con informazioni che le inseriscono nel quadro tematico. Nel periodo settembre-ottobre 2025, la mostra si sposterà a Lucca, all’interno della Chiesa e Battistero dei Santi Giovanni e Reparata, con un focus specifico sulle confraternite lucchesi. L’ultima tappa sarà Lugano (Svizzera), dal 7 al 23 novembre 2025, dove l’esposizione sarà allestita presso Villa Ciani, concentrandosi sugli abiti delle Confraternite ticinesi e sul loro ruolo nella storia religiosa e sociale del territorio.
“Habitus Fidei”, quindi, offre ai visitatori un’opportunità unica per riscoprire la ricchezza di un patrimonio culturale che, nei secoli, ha saputo evolversi mantenendo intatta la propria identità tangibile e valoriale.





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